Il gomito del tennista – o epicondilite – è una sindrome dolorosa che interessa l’area del gomito. Soprannominata “gomito del tennista” a causa dell’alta frequenza con la quale colpisce coloro che praticano il tennis, l’epicondilite è un’infiammazione dei tendini o dei muscoli estensori per quanto concerne l’avambraccio, nella zona dell’epicondilo laterale. L’epicondilite è un effetto del sovraccarico funzionale dei suddetti tendini o muscoli, causata dall’uso eccessivo e ripetuto dell’articolazione. Le attività sportive più soggette a questo tipo di sindrome sono: tennis, padel, scherma, lancio del giavellotto o del disco, squash, badminton, golf e baseball. Le attività lavorative più interessate sono: pittore, sarto, cuoco, carpentiere, macellaio, falegname, giardiniere, idraulico e muratore. La fascia d’età che interessa l’epicondilite riguarda i pazienti dai 30 ai 50 anni.
Sintomi dell’epicondilite e trattamento medico
La tempestività nell’intervenire a seguito dell’insorgenza dei primi sintomi è la chiave per una migliore risoluzione del problema, a causa della difficoltà di guarigione della sindrome del gomito del tennista. I sintomi sono:
- Dolore progressivamente più forte nella zona esterna del gomito
- Gonfiore e dolore a riposo
- Rigidità nelle ore del mattino
- Debolezza nella presa
- Difficoltà nell’estensione del polso
La diagnosi dell’epicondilite deve essere effettuata da parte di un medico – solitamente l’ortopedico. Esami quali radiografia, ecografia, raggi X, risonanza magnetica cervicale ed elettromiografia fanno parte delle indagini da effettuare al fine di escludere altre patologie. Avendo accertato l’insorgenza del gomito del tennista nel paziente, il medico procederà con il trattamento non chirurgico, il quale risolve efficacemente l’epicondilite nell’80/90% della casistica. Il trattamento prevede:
- Riposo per più settimana
- Terapia riabilitativa
- Per gli sportivi, attrezzatura idonea
- Trattamenti medici (crioterapia, onde d’urto, tecar, ultrasuoni, terapia col calore)
- Uso di tutori
Rimedi dell’epicondilite – cosa mangiare
Non vi sono diete che possano efficacemente prevenire o guarire più velocemente il gomito del tennista, eppure vi sono degli accorgimenti che possono rivelarsi utili. Tra questi accorgimenti, vi è l’aumento dell’apporto di antinfiammatori naturali, come l’Omega 3. Tale molecola antinfiammatoria si trova in pesci come sarde, sgombri, aringhe, palamite, tonni ed alghe. Inoltre, si può trovare anche in alimenti vegetali o negli oli, tra cui soia, semi di uva, semi di kiwi e semi di lino.
Un altro accorgimento sta nell’integrazione di antiossidanti, di tipo vitaminico, minerale e polifenolico. Gli antiossidanti vitaminici si trovano negli ortaggi, nei frutti rossi o arancioni, come albicocche, meloni, peperoni, carote, zucche, pomodori e pesche. Vi sono antiossidanti vitaminici anche nei crostacei e nel latte, nonché in verdure come limoni, arance, pompelmi, kiwi, mandarini, prezzemolo, lattuga, cicoria, cavoli e pomodori. Gli antiossidanti minerali si trovano in fegato, carne, alcuni molluschi (ostriche), latte e derivati, nonché in carne, tuorlo d’uovo, prodotti della pesca ed alimenti arricchiti come patate. Gli antiossidanti polifenolici si trovano in ortaggi come cipolla, aglio, ciliegie ed agrumi; frutta e semi come uva, melograno e frutti di bosco; vino, semi oleosi, cacao, tè, caffè, legumi e cereali integrali.
Rimedi dell’epicondilite – rimedi naturali
Tra i rimedi naturali per il gomito del tennista, spiccano:
- Lo stretching, il quale può essere attivo o passivo nonché statico o dinamico, che ha un ruolo preventivo nonché terapeutico per l’epicondilite.
- Il massaggio fisioterapico, manipolazioni miofasciali, manipolazioni osteopatiche e miofibrolisi diacutanea.
- Esercizi per il rinforzo, i quali vengono usati nella terapia conservativa ma anche in quella riabilitativa post-intervento, che può incidere fino alla schiena
- La crioterapia, che ha un ruolo fondamentale nella riduzione del dolore nonché dell’infiammazione al muscolo, la quale deve essere eseguita con una frequenza di 2/3 volte al giorno. Il ghiaccio va inserito in una borsa contenitiva insieme all’acqua e va applicato ponendo un panno di lana al fine di proteggere la pelle.
- Impacchi caldi, i quali aumentano il flusso sanguigno e possono portare alla velocizzazione del recupero delle lesioni dei tendini. Non vanno applicati in presenza di lesioni a livello vascolare.
- Tutori, fasciature e bendaggi, i quali sono strumenti che possono essere utili per la riduzione sintomatologica. La loro funzione sta nell’ammortizzare gli urti, nonché nell’accompagnare il movimento. Per quanto riguarda gli sportivi, non devono essere stretti, mentre per quanto concerne i lavoratori possono essere serrati in modo più energetico, tuttavia ponendo cura nel non compromettere il flusso circolatorio.
Rimedi dell’epicondilite – trattamenti medici
Così come indicato su molti siti che trattano l’epicondilite, i vari trattamenti medici che possono alleviare i sintomi dell’epicondilite e portare il paziente ad una guarigione dal gomito del tennista, annoveriamo:
- Il massaggio fisioterapico, lo stretching passivo e le manipolazioni osteopatiche, che possono migliorare l’infiammazione tramite il rilassamento dei muscoli contratti.
- Cyriax e manipolazioni miofasciali, che eliminano le fibrosi che possono formarsi durante il processo nel quale i tessuti guariscono, e vengono indicati soprattutto nel momento in cui l’epicondilite viene associata a compromissioni muscolari, oltre che tendinee.
- La miofibrolisi diacutanea, atta a contrastare le fibrosi che si trovano nei trigger point.
- Le onde d’urto, che possono accelerare il processo di guarigione se il danno risiede nei tessuti molli.
- La laserterapia, la quale sfrutta i raggi elettromagnetici sulla zona interessata.
- La tecarterapia, ovvero un metodo che sfrutta un condensatore per curare gli infortuni legati ai muscoli e alle articolazioni.
- Il kinesio taping, ovvero l’applicazione di bende adesive ed elastiche che possono contenere piccole concentrazioni di antinfiammatori.
- L’intervento chirurgico, che può essere utilizzato solo dopo 6/12 mesi dall’avviamento delle terapie conservative (con esito fallimentare).